Natale si avvicina. Indipendentemente dal “credo” di ognuno di noi, è comunque una ricorrenza che ha qualcosa di magico. Luci, colori, musica… è come se l’inverno volesse prendersi una rivincita sulle altre stagioni. Pubblicità, negozi, slogan. “Compra l’ultimo frullatore che cucina i biscotti senza doverli infornare! ti prepara il caffè automaticamente al mattino se selezioni la funzione accanto a quella della segreteria telefonica!… Come fare a meno della super tecnologica macchina da cucire che ti prende le misure con lo scanner e mentre confeziona l’abito che fa tendenza, ti stampa la dieta ideale per entrare nella taglia giusta e contemporaneamente tira fuori il braccio meccanico per grattare la schiena al cane o al gatto? Compra! E sarai felice!”
Lo chiamano consumismo sfrenato.
Hanno ragione.
Ma se tutto questo dipendesse anche da noi? Se bastasse semplicemente cambiare atteggiamento? C’è un bellissimo racconto di Giovanni Guareschi dal titolo “La felicità è vicina” (da “Lo Zibaldino”). Spero di non violare nessun diritto d’autore trascrivendone alcune frasi che secondo me hanno valenza universale.
Questa è la felicità. Uno ha una lira in tasca e dice: “Sono milionario” e se riesce a convincere se stesso, è un milionario sul serio. I dottori, questa, la chiamano autosuggestione, ma rovinano tutto perché ne vogliono fare una scienza. Per loro basta che uno dica: “Sono guarito, sto bene” perché debba sentirsi vispo come un uccellino anche se sta morendo. Rovinano tutto perché se un tizio ha in tasca una sola lira, può convincersi facilmente che è milionario, ma non potrà mai convincersi di avere due lire. La felicità non c’entra con l’autosuggestione. La felicità è convinzione: bisogna che Berta convinca se stessa che più di una scatola non può avere. Bisogna che un tizio convinca se stesso che più di una lira non può desiderare.
Si parla di “lire”… cara vecchia lira… oltretutto il racconto, se non ho letto male, è del 1938, ma possiamo applicare il principio sopra esposto anche alla nostra attuale moneta. Perché qui non si tratta di tipologie di moneta, il dollaro e lo yen andrebbero bene comunque. E non si tratta nemmeno di luci, di colori o di musica. E la tecnologia non c’entra. C’entriamo noi. Noi con le nostre giornate dai ritmi convulsi solo perché permettiamo loro d’essere così, come se fossero più grandi di noi, come se le giornate fossero dotate di una volontà propria. Invece la volontà è nostra.
Un paio di volte all’anno mi capita di cedere alla tentazione di giocare al superenalotto. Un euro. Gioco e dimentico di controllare se sono usciti i numeri che ho sparato a casaccio e nemmeno ricordo. Non so perché lo faccio, nemmeno ci credo di poter vincere e diventare miliardaria. Forse è perché ho letto Guareschi. Forse perché è proprio vero che “la felicità è vicina”, ma le luci abbaglianti del consumismo ci accecano e non la vediamo. Magari leggere ci aiuta. Non risolve i problemi del mondo, ma ci aiuta a sognare. E sognare non costa nulla. Sognare non ha niente a che vedere con le illusioni. Sognare significa poter guardare il mondo con gli occhi di un bambino. Sognare è una capacità che abbiamo tutti. Teniamocela stretta.
Christmas e-mail (Babbo Natale Express – Sogna e avrai).
Seguite il link qui sotto e leggerete un mio piccolo contributo. Un racconto di Natale scritto per il blog della Edizioni Domino.
http://www.edizionidomino.eu/blog/racconti-di-natale/#secondo